15 AGOSTO 2008, VENERDI', MONTANA, MY OWN PRIVATE IDAHO, SEATTLE


Ferragosto, sono su un autobus in mezzo al Montana, a migliaia di chilometri da casa, su una strada disastrata che punta Seattle.
Il paesaggio merita: alberi ovunque e rocce che iniziano a tingersi di rosso. Ogni venti o trenta miglia di natura, un casinò, un ristorante o un motel gestito dagli indiani nativi. Mancano circa otto ore all'arrivo a Seattle. Intanto l'autobus è di nuovo pieno, ho dormito poco e male, la conducente non sta zitta un attimo e i Rodan nelle mie orecchie non hanno pace. Qui gli autisti hanno la bella abitudine di presentarsi, ma questa s'è messa in testa di fare addirittura la guida turistica!
Ieri sera ho comprato, in un improbabile chiosco sperduto in mezzo al nulla e al buio, una bella cartolina trash del Montana per Lucia, anche se avevo in mente il North Dakota... altro che Memphis!
Intanto nel dolce far nulla affiorano pensieri vari per il ritorno: suonare, formare gruppi, cucinare, piscina, correre, bici, smettere di fumare o quasi, studiare, Bloody Sound, Scrotro, Kathodik, mostra di foto, fare un figlio con Lei. Tra poco l'autista l'ammazzo. E va pure a venti all'ora. Venti chilometri all'ora, magari miglia. Tra poco dovremmo arrivare al My Own Private Idaho, e non so che ore sono.

Più tardi: stiamo partendo da Spokane, Washington. Meno quattro ore, ce la posso fare. L'obiettivo principale, ora, è tenere libero il posto al mio fianco, così da godersi l'ultima parte del viaggio.

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